Giovedì 8 giugno torniamo in piazza per stringerci attorno a tuttə le sopravvissutə alla violenza patriarcale e ricordarne, insieme, le vittime: sono già 46 le donne uccise dalla mano di un uomo dal 1° gennaio, 46 nomi che non vogliamo dimenticare.
A pochi giorni dal 2 giugno, da quella che per noi è la giornata della repubblica dei femminicidi, torniamo in piazza per ribadire con forza la dimensione strutturale del problema. Quelle morti non sono casi isolati, non è un’emergenza: la violenza sulle donne e sulle soggettività non conformi è parte integrante di questo sistema capitalista e della cultura eterocispatriarcale di cui si nutre.
Vogliamo ricordare che il femminicidio è solo la punta dell’iceberg, la forma di violenza più evidente, la più eclatante, sotto la quale esistono tuttavia svariate forme di oppressione, che colpiscono tutte e tuttə noi in ogni ambito della nostra vita sociale, economica, lavorativa e sessuo-affettiva.
Anche per questo scendiamo in piazza con rabbia contro ogni discriminazione, contro la mancata tutela delle minoranze, costantemente oppresse da parte delle istituzioni, e contro l’ondata d’odio e di intolleranza propagandata dal governo. Lo abbiamo visto a Milano solo poche settimane fa, quando Bruna, una donna transgender, è stata pestata brutalmente per strada da chi continuano a volerci far passare come unica forma di contrasto alla violenza. No, non è quella la sicurezza che vogliamo.
⚧️ Non vogliamo uno Stato che, con la continua e unilaterale responsabilizzazione del genere femminile, non si assume la responsabilità di attivare programmi per contrastare la violenza maschile contro le donne, ma anzi, ci ricorda che dobbiamo stare attente e non recarci all’ultimo appuntamento. Le donne continuano ad essere considerate la causa della propria morte e non parte lesa, mentre la stampa continua a usarle per propagandare idee misogine, bigotte e razziste.
Siamo stufə!
E lo urliamo con forza, perché se domani tocca a me, se domani non torno, sorellə distruggi tutto!